martedì 16 febbraio 2010

CONSAPEVOLEZZA

CONSAPEVOLEZZA

Non avere la cittadinanza italiana
e vivere nel mio paese legata a un permesso di soggiorno
per me equivale a uscire da casa
con un paio di chiavi,
sapendo che il padrone di casa (mia) può cambiare la serratura
e lasciarmi fuori
fregandosene di tutto ciò che ho dentro casa,

dei miei affetti,
dei miei amici,
della mia famiglia,
della mia vita,
del mio futuro,

vivere nel mio paese con un permesso di soggiorno
è come dover uscire da casa mia e pensare a
chiudere il gas,
abbassare le serrande,
spegnere le luci,

ma anche lasciare accostata la porta avendo paura di non poter rientrare più.

Questa poesia l'ha scritta la mia amica Queenia Pereira de Oliveira, grande poetessa!, e l'ha scritta per sè, per tutti i ragazzi nati e cresciuti qui e che devono ancora chiedere "permesso?" per vivere a casa loro.
L'ha scritta per tutti quelli che si sentono dire "parli bene italiano" e nel cuore sentono la stessa capriola che sentirei io se lo dicessero a me.
E per tutti quelli che ogni mattina devono farsi coraggio per uscire là fuori e invece di chiudersi la porta di casa alle spalle pensando al niente delle sette di mattina, lo fanno pensando "chi mi aggredirà oggi"?

E l'ha scritta anche per me: io devo chiedere "permesso?" per potermi innamorare.
Perchè è lo Stato a decidere di chi mi devo innamorare e se allo Stato non aggrada che io mi innamori di una persono che non ha chiesto "permesso?" allora quel matrimonio non s'ha da fare.

L'ha scritta anche per la mia amica, che ha chiesto cortesemente il permesso di portare in Italia suo marito, l'uomo che per legge e nel cuore è quello che lei ha scelto, permesso che non le è stato accordato, senza una valida ragione, senza una logica, senza una soluzione.

L'ha scritta per la suocera del mio amico, che voleva partecipare al matrimonio del figlio, festeggiare e gioire con lui e la sua bellissima moglie - anche a lei il permesso è stato negato.

L'ha scritta per il mio più caro amico, che non ha mai visto il suo bimbo, nato dove è troppo lontano andare, cresciuto dove non si può uscire.

E l'ha scritta per l'altro mio amico, che sono due anni che aspetta che sua moglie, la sua dolcissima compagna, sia finalmente accanto a lui.

E l'ha scritta per la fidanzata di mio cugino, che vorrebbe specializzarsi in Italia, ma ha chiesto "permesso?" con una settimana di ritardo e quella settimana le costerà lavoro, progetti e libertà.

E infine l'ha scritta per Nani, che studia a Dakar, che vorrebbe vedere Milano, la grande città! che lo affascina come per me New York quando avevo la sue età, 13 anni: lui però non può farlo, non gli danno il permesso.


Non siamo padroni dei nostri sentimenti, non siamo padroni dei nostri progetti, non siamo padroni del nostro futuro, non siamo padroni dei nostri sogni.
Non siamo neppure padroni delle nostre percezioni, e pur sentendoci uguali, se ci dicono che dobbiamo combatterci e odiarci, noi lo facciamo.
Queenia è tutti noi e noi siamo tutti Queenia.

Non basta non avere mai incontrato un negro per esserne fuori.
Bisogna averne cosapevolezza.

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